Il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 definisce il farmaco generico come “un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità”. Questo vuol dire che i farmaci si definiscono generici o equivalenti quando, rispetto alla specialità medicinale o “farmaco di marca”, presentano lo stesso principio attivo, stessa forma farmaceutica, stesso dosaggio e stessa via di somministrazione.
Un farmaco equivalente è una copia del suo farmaco di riferimento presente sul mercato già da molti anni e il cui brevetto sia scaduto. Infatti, un farmaco equivalente (o generico) non può essere messo in commercio se il brevetto del medicinale di marca è ancora valido.
La domanda che in molti si pongono è: il farmaco generico è meno efficace di uno di marca?
Per stabilire l’efficacia di un medicinale equivalente, invece dei normali studi clinici previsti per un medicinale “nuovo”, si deve compiere solo uno studio di bioequivalenza, cioè uno studio per verificare l’equivalenza terapeutica tra due formulazioni simili. Due farmaci sono da considerarsi bioequivalenti quando, con la stessa dose, i loro profili di concentrazione nel sangue rispetto al tempo sono così simili che è improbabile che essi possano produrre differenze rilevanti negli effetti di efficacia e sicurezza.
La normativa prevede che un farmaco equivalente possa contenere eccipienti diversi da quelli del farmaco “di marca”, l’importante è che il medicinale ottenuto sia bioequivalente rispetto all’originale. Gli eccipienti sono sostanze inerti e non hanno proprietà terapeutiche, la loro funzione è quella di rendere somministrabile un principio attivo .
Ma allora perché il farmaco generico costa di meno? Non è “buono”? Non è efficace? E’ “fasullo”? Un farmaco generico deve avere un costo di almeno il 20% inferiore rispetto al corrispondente medicinale di riferimento. Il prezzo competitivo è dovuto al fatto che l’azienda che produrrà il generico non deve investire nella ricerca, negli studi preclinici e clinici, in quanto questi studi sono già stati fatti dall’azienda che ha prodotto l’originale.
Per l’immissione in commercio del farmaco generico l’azienda dovrà provare che il farmaco generico sia bioequivalente con l’originale e quindi investire solo negli studi di bioequivalenza.
Ad oggi, i farmaci equivalenti sono ancora scarsamente utilizzati per dubbi o pregiudizi e questo porta all’acquisto del farmaco originale da parte del paziente, pagando la differenza (ticket). Nel 2021 i pazienti della Regione Lazio hanno preferito acquistare l’originale pagando di tasca propria circa 141 milioni di euro.
Per indurre nei cittadini una maggiore consapevolezza e conoscenza, la ASL Roma 1 ha avviato un’iniziativa di sensibilizzazione per promuovere l’utilizzo dei farmaci equivalenti con il titolo “Sulla salute non si risparmia ma sui farmaci si può!”.